lunedì 20 maggio 2013

14 giugno 2013: Presidenziali in Iran, la resa dei conti.

FONTE: LIMES-Rivista di geopolitica

Le elezioni del 14 giugno 2013 saranno cruciali per il futuro della Repubblica Islamica, che attraversa una profonda crisi politica, economica e sociale. Lo scontro tra filo-conservatori, moderati-riformisti e filo-nazionalisti. Le articolate strategie di Ahmadi-Nejad e Khamenei.



 di Pejman Abdolmohammadi


Le prossime elezioni presidenziali iraniane, previste per il 14 giugno, sono di fondamentale importanza per il futuro della Repubblica Islamica.

L'Iran infatti sta affrontando una grave crisi politico-istituzionale e socio-economica sia sul piano della politica interna sia sotto il profilo della politica estera. Da un lato la grave crisi economica causata principalmente dalle sanzioni internazionali, dall’altro l’isolamento dovuto alla questione nucleare stanno colpendo duramente il regime di Teheran. Anche il malcontento popolare, presente ormai da diversi anni soprattutto tra le nuove generazioni critiche nei confronti della Repubblica Islamica, sta logorando il potere degli ayatollah.

Il futuro presidente iraniano dovrà essere in grado di affrontare la sfida internazionale - normalizzando i rapporti con l’Occidente, in particolare con Washington - e di risanare un’economia malata. Egli inoltre, se vorrà salvare la Repubblica Islamica dal collasso, dovrà offrire nuove ricette per rispondere alle istanze politico-sociali delle nuove generazioni che chiedono maggiori libertà politiche e civili.



Sulla base della lista degli aspiranti candidati, che, prima di poter diventare candidati ufficiali, dovranno superare la preselezione del Consiglio dei Guardiani il prossimo 22 maggio, le forze politiche concorrenti si possono suddividere in tre schieramenti: quello conservatore, vicino alla Guida Suprema l’ayatollah Ali Khamenei; quello moderato-riformista, che ha nell’ayatollah Ali Akbar Hashemi Rafsanjani la propria figura di riferimento; infine, quello populista e filonazionalista di Ahmadi-Nejad, rappresentato in primis dal consuocero nonché braccio destro Esfandiar Rahim Mashai e, in seconda battuta, da altre due personalità: Ali Akbar Javanfekr, ex consigliere dello stesso Ahmadi-Nejad e Rahimi, attuale vice presidente. All'orizzonte si profila uno scontro politico acceso.

Candidati filo-conservatori:


Per il fronte filo-conservatore si sono registrati i 4 ‘big’ già preannunciati nei mesi precedenti: Ali Akbar Velayati, responsabile della politica estera dell'ufficio della Guida suprema; Mohammad Baqer Qalibaf, attuale sindaco di Teheran; Sahid Jalili, segretario del Consiglio Supremo della sicurezza nonché capo negoziatore riguardo alle questioni del nucleare iraniano; Qolam-Ali Haddad Adel, ex presidente del parlamento e consuocero della Guida suprema. Tutti godono dell’appoggio dell’ayatollah Khamenei e potrebbero, a un certo punto, coalizzarsi e fare un passo indietro a sostegno di quello di loro considerato più forte e in grado di vincere le prossime presidenziali.

Ali Akbar Velayati è probabilmente il candidato più vicino a Khamenei. Sin dagli anni immediatamente successivi alla rivoluzione è stato tra gli uomini più vicini all’attuale Guida suprema e oggi è il suo principale consigliere per le relazioni internazionali. Secondo diversi analisti, Velayati sarebbe l’opzione migliore per l'ayatollah in quanto persona di comprovata fedeltà e di alta esperienza in politica estera. È stato infatti ministro degli Esteri durante i due governi dell’ex presidente Rafsanjani (1989-1997) e ha guidato la diplomazia iraniana nei difficili anni successivi alla guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein.

L’eventuale presidenza di Velayati potrebbe quindi aiutare Teheran a rafforzare la propria politica estera, aprendo in particolare nuovi negoziati con Washington. Inoltre la figura di Velayati è considerata affidabile dalla diplomazia occidentale in quanto uomo vicino al leader supremo della Repubblica Islamica. Tuttavia un elemento svantaggioso per lui potrebbe essere la sua scarsa popolarità. Al momento è molto difficile pensare che la maggioranza degli elettori iraniani sia disposta a votarlo come presidente. Questo costituisce un problema non da poco per la Guida Suprema.

Mohammad Baqer Qalibaf potrebbe essere la seconda opzione di Khamenei per la presidenza. Qalibaf, a differenza di Velayati, gode di un consenso elettorale più forte in quanto, in qualità di sindaco di Teheran, ha saputo amministrare bene la capitale, diventando noto per la sua abilità di governo. Inoltre è un ex pasdaran e di conseguenza gode del sostengo di una parte dei Guardiani della Rivoluzione. Anche Qalibaf, almeno pubblicamente, si mostra reverente nei confronti della Guida suprema; tuttavia corre voce che Khamenei non abbia piena fiducia nei suoi confronti e teme, data la provenienza militare dell'aspirante candidato, di essere tradito e di trovarsi nuovamente in difficoltà come già successo negli ultimi 4 anni con Ahmadi-Nejad.

Sul piano della politica estera, Qalibaf, sebbene provenga da ambiti militari, ha mostrato negli ultimi tempi di sapersi muovere con accortezza: da sindaco della capitale ha per esempio compiuto diversi viaggi all’estero stipulando contratti economici, commerciali e culturali con alcune realtà locali asiatiche ed europee. Pertanto, nell’ipotesi di dover avviare negoziati diretti o indiretti con la Casa Bianca, il sindaco di Teheran avrebbe le carte in regola. Tuttavia il suo passato da militare non è stato dimenticato dagli iraniani, i quali lo vedono come un pasdaran e uno dei responsabili delle repressioni studentesche nel 2003.

Sajid Jalili, attuale capo negoziatore per le questioni relative al nucleare iraniano, non è una figura da trascurare. Egli non gode soltanto della fiducia di Khamenei, ma è sostenuto anche dall’ayatollah ultraconservatore e molto influente Mohammad Taqi Mesbah Yazdi. Questi è il leader di una delle correnti religiose più forti all’interno della Repubblica Islamica e ha stretto delle alleanze anche con una parte dei pasdaran. Il sostegno di Mesbah Yazdi rafforza la candidatura di Jalili. Costui inoltre, in virtù del ruolo di primo piano riguardo al nucleare, è divenuto una figura di riferimento per l’Occidente, in particolare per il gruppo ‘5+1’.

La stessa Catherine Ashton (alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) ha instaurato un buon rapporto con Jalili, facendo crescere le credenziali del diplomatico iraniano. Sul piano della politica interna, egli è conosciuto per il ruolo ricoperto nelle trattative sul nucleare ma non gode di un bacino elettorale forte. Tuttavia sul piano delle lobby di potere interno Jalili è molto quotato.

Gholam-Ali Haddad Adel, sebbene consuocero di Khamenei e a lui molto fedele, è l’ultima opzione dell'ayatollah per la presidenza. Adel infatti non gode di una statura internazionale in grado di gestire la complessa situazione politica né della simpatia popolare. La sua unica carta vincente è quella di essere vicino alla Guida suprema per legami di parentela e per il fatto di avergli mostrato fedeltà incondizionata negli ultimi anni sia durante la presidenza del parlamento sia nel periodo successivo. Inoltre Adel gode del sostegno del genero, Mojtaba Khamenei (secondogenito maschio della Guida suprema), il quale è una delle figure più potenti dell’ufficio della Guida Suprema. L’eventuale presidenza di Adel renderebbe la figura di Mojtaba Khamenei ancora più potente e possa aprirgli le porte del potere esecutivo.

Fronte moderato-riformista

Il fronte moderato-riformista è rappresentato dall’ex presidente Rafsanjani, il quale a sorpresa, negli ultimi minuti utili per la registrazione, lo scorso 11 maggio presso il ministero dell’Interno ha presentato la propria candidatura. Pochi analisti e osservatori della politica iraniana avevano scommesso sulla sua discesa in campo. Rafsanjani è un veterano della Repubblica Islamica, emarginato dalla vita politica su ordine della Guida Suprema a seguito delle contestate elezioni presidenziali del 2009 in cui si schierò con i riformisti e con la cosiddetta ‘Onda verde’, abbandonando il suo ex alleato Khamenei. Proprio Rafsanjani, nel 1989, dopo la morte del fondatore della Repubblica Islamica l’ayatollah Khomeini aveva elevato Khamenei alla prima carica dello Stato. La loro alleanza iniziò a deteriorarsi gradualmente a partire dal 1997 fino a raggiungere il punto di rottura definitivo nel 2009.

La discesa in campo di Rafsanjani ha creato una certa confusione nel panorama politico iraniano. L’ex presidente si è candidato con il benestare di Khamenei? Oppure lo sta sfidando? È molto difficile rispondere a questa domanda. Di certo un elemento che potrà chiarire la faccenda sarà l’esito della preselezione del Consiglio dei Guardiani. Se Rafsanjani ottenesse il nullaosta, significherebbe che la sua candidatura è stata concordata con Khamenei; in caso contrario, si tratterebbe di un suo ultimo gesto per riprendere in mano le redini del potere.

Tuttavia Rafsanjani ha presentato la propria candidatura a seguito di una serie di inviti da parte di noti grandi ayatollah sciiti quali Sistani e Vahid Khorasani, i quali lo hanno incoraggiato a scendere in campo al fine di salvare la Repubblica Islamica dalla deriva. Gli stessi riformisti, guidati dall’ex presidente Seyyed Mohammad Khatami, lo hanno incoraggiato, garantendogli il loro supporto. Si può dunque affermare che Rafsanjani ha un forte sostegno nel mondo moderato-riformista e clericale sciita. Sul piano internazionale è conosciuto come un uomo pragmatico e moderato che potrebbe - secondo alcuni analisti - sciogliere il blocco diplomatico sul nucleare con il gruppo ‘5+1’. Tuttavia l’ago della bilancia tornerebbe a essere Khamenei, il quale, come evidenziato in precedenza, si è allontanato da Rafsanjani e non lo vede più come un alleato affidabile.

Se Khamenei dovesse accettare la candidatura di Rafsanjani e quindi dare il suo input al Consiglio dei Guardiani (influenzato indirettamente proprio da Khamenei) significherebbe che l'ayatollah si trova in una crisi politica così grave da essere costretto a chiedere aiuto al vecchio alleato da tempo considerato nemico.

Qual è o quale può essere l’imminente pericolo che sta minacciando l’ayatollah Khamenei, in primis, e, di conseguenza, l’intera classe clericale sciita iraniana?

Per rispondere è necessario addentarsi nel terzo schieramento politico, quello filo-nazionalista del presidente uscente Mahmoud Ahmadi-Nejad, rappresentato dal suo braccio destro Mashai, il quale, come Rafsanjani, si è registrato all’ultimo momento per partecipare alle prossime presidenziali.

Sono ormai tre anni che Ahmadi-Nejad ha iniziato a sfidare Khamenei dando vita a una nuova corrente politica all’insegna del populismo e del nazionalismo e prendendo le distanze dal radicalismo islamico sciita. In questo nuovo scenario si contraddistingue soprattutto Mashai. Sul piano della politica estera, Mashai ha per esempio più volte lanciato segnali di apertura sia nei confronti di Washington sia verso Israele. Nel 2009, in qualità di responsabile dei Beni Culturali nel primo governo Ahmadi-Nejad, ha parlato della potenziale amicizia tra il popolo israeliano e quello iraniano, suscitando l’ira e le dure critiche del clero sciita ultraconservatore, secondo il quale Israele non dovrebbe neppure esistere. In quell’occasione fu l’ayatollah Khamenei a intervenire durante il sermone del venerdì, criticando tali parole e smentendole categoricamente.

In politica interna, Mashai è stato il promotore, per la prima volta in 34 anni di Repubblica Islamica, del nazionalismo iraniano. Egli è riuscito nel 2011 a compiere un gesto simbolico in chiave nazionalista, concordando con i dirigenti del British Museum il prestito del "Cilindro dei diritti umani” di Ciro il grande, uno dei principali reperti archeologici simbolo dell’antica Persia. Durante la cerimonia di ricevimento del prezioso reperto, Ahmadinejad e Mashai hanno reso omaggio al fondatore dell’Impero persiano, definendolo “un vero profeta”. Considerata la dichiarata ostilità del clero sciita nei confronti dell’identità persiana dell’Iran, tale gesto è stato interpretato come una aperta sfida lanciata dal fronte presidenziale contro la vecchia classe politica clericale sciita.

Il presidente Ahmadi-Nejad, insieme al consuocero, ha tentato, durante i due mandati di governo (2005-2013), di colpire politicamente il fronte conservatore vicino alla Guida suprema. Un esempio eclatante è stata la rimozione di importanti ministri vicini a Khamenei, quali l'ex ministro degli Esteri Manuchehr Mottaki e l'ex ministro dell'Intelligence l'hojjatoleslam Mohseni Ejei. Si pensi inoltre al tentativo di licenziamento nel 2011 dell'hojjatoeslam Heidar Moslehi, ministro dell'Intelligence, bloccato da Khamenei. L’asse Ahmadinejad-Mashai è supportato da una parte importante della nuova finanza iraniana e della nuova generazione dei pasdaran; gode inoltre del sostegno dei centri rurali e delle classi disagiate. Proprio questa base solida gli ha permesso di sfidare sempre di più negli ultimi anni l'ayatollah Khamenei.

Mashai è una personalità di rilievo nel complesso scacchiere politico iraniano e, nel caso dovesse effettivamente candidarsi, potrebbe causare non pochi problemi agli ayatollah e ai pasdaran. Tornando al quesito posto in precedenza, potrebbe essere proprio il timore di essere travolto da Mashai a costringere Khamenei ad allearsi nuovamente con Rafsanjani. Si tratterebbe in questo caso di creare uno scudo protettivo da parte dell’intera vecchia generazione della Repubblica Islamica, composta in buona parte dal clero sciita, al fine di fermare la scalata al potere della seconda generazione più vicina ai pasdaran e di matrice nazionalista e laica. Non a caso si sono mobilitati molti grandi ayatollah sciiti, i quali, notando la difficoltà in cui oggi si trova Khamenei contro Ahmadi-Nejad, hanno chiesto a Rafsanjani di scendere in campo per salvare l’establishment clericale dall’eventuale presa di potere del fronte presidenziale.

Considerando lo scontro politico in corso, le prossime elezioni presidenziali rappresentano un momento cruciale per il futuro dell'Iran. Saranno i filo-conservatori a vincere oppure riuscirà a imporsi Ahmadi-Nejad, spalleggiando la controversa figura del consuocero? Quale sarà il ruolo di Rafsanjani?

Molto dipenderà dalle mosse strategiche dei vari schieramenti nei prossimi giorni. Bisognerà però attendere il 22 maggio per vedere se il Consiglio dei Guardiani concederà a Mashai l'idoneità necessaria per presentarsi nella rosa ufficiale dei candidati finali.


Se questi dovesse entrarvi, allora assisteremo a un vero braccio di ferro tra il fronte presidenziale, quello dei conservatori e quello di Rafsanjani (ovviamente se anche costui riuscisse a superare la preselezione).

Nel caso in cui però Mashai non riuscisse a superare la preselezione, bisognerà attendere e osservare le eventuali reazioni del suo sponsor, il presidente Ahmadi-Nejad, il quale ha già avvertito i conservatori che in tal caso potrebbe far scoppiare scandali politici, diffondendo segreti di Stato relativi alla corruzione di uomini di primo piano della Repubblica Islamica e particolarmente vicini alla Guida Suprema.


Nessun commento:

Posta un commento