sabato 25 maggio 2013

L’Alleanza del Pacifico e la vera frattura in America Latina.

Fonte: LIMES-Rivista di Geopolitica

di Niccolò Locatelli

Mentre Messico, Colombia, Perù e Cile puntano sull'integrazione e sul commercio con i mercati dell'Asia, gli orfani di Chávez devono fare i conti con la nuova realtà. A rischiare, paradossalmente, è anche il Brasile.

Si è concluso giovedì 23 maggio 2013 a Cali, in Colombia, il Settimo vertice dell’Alleanza del Pacifico [Ap], che comprende Messico, Colombia, Perù e Cile.


È stata l’occasione per ricapitolare i passi compiuti (ed enumerare quelli da compiere entro giugno) sulla via dell'integrazioen da questa giovane organizzazione, fondata a giugno 2012: riduzione dei dazi, abolizione dei visti turistici tra paesi membri, condivisione di alcune sedi diplomatiche, creazione di un fondo di cooperazione. Le Borse valori di Perù, Colombia e Cile a partire dal maggio 2011 operano in maniera unificata, pur mantenendo la loro indipendenza, all’interno del Mercato integrato latinoamericano (Mila); la Borsa messicana dovrebbe unirsi entro il 2014. Quest’anno è iniziato anche il processo di formazione di un parlamento dell’Ap.

Al vertice erano presenti in qualità di osservatori: Costa Rica (che dopo aver ratificato un trattato di libero commercio con la Colombia diventerà membro del blocco), Panama (candidato alla membership), Spagna, Canada, Guatemala, Uruguay, Nuova Zelanda, Australia e Giappone. Altri 7 paesi hanno ottenuto in questa occasione lo status di osservatore: Ecuador, El Salvador, Francia, Honduras, Paraguay, Portogallo e Repubblica Dominicana.

Come mai un’alleanza così giovane e ristretta riscuote un interesse così ampio anche fuori dall’emisfero occidentale? Certo, l’Ap comprende 209 milioni di persone (il 36% della popolazione latinoamericana) e il 35% del pil regionale. Ma - limitandoci al Sudamerica - il Mercosur rappresenta l’80% del pil e il 70% della popolazione; e se c’è una cosa che non fa difetto all’America Latina sono sicuramente le istituzioni e le alleanze internazionali: Aladi, Unasur, Celac, Alba, Caricom, Comunità Andina, Sica, Parlamento latinoamericano...


L’Alleanza del Pacifico è unica e interessante per tre motivi.

Innanzitutto, la geografia: come suggerisce il nome, fanno parte dell’Ap esclusivamente paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico e che, in virtù di ciò, si proiettano anche commercialmente verso i dinamici mercati dell’Asia Orientale, a cominciare naturalmente da quello della Cina.


Poi, l’economia: non solo nel senso che l’Alleanza nasce con obiettivi economici quali garantire la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone e favorire la crescita, lo sviluppo e la competitivà dei paesi membri. Ma anche nel senso che chi ne fa parte è un convinto sostenitore dell’economia di mercato, deve aver stretto accordi di libero commercio con gli altri membri e punta sull’export (percentuale export/pil: Colombia 19%, Perù 29%, Messico 32%, Cile 38%; nessuna grande economia regionale ha valori più alti).

Infine, la politica: per essere membri dell’Alleanza del Pacifico basta essere uno Stato di diritto, democratico, con separazione dei poteri. L’Ap non si pone obiettivi politici nè nasce in antagonismo ad altre organizzazioni regionali - almeno, non dichiaratamente. Il fatto che i 4 paesi che la compongono siano retti da governi di destra (Cile, Colombia), di centro (Messico) o nazionalisti (Perù) conta fino a un certo punto. Sicuramente nessuno di quei presidenti è un seguace di Hugo Chávez: il peruviano Humala lo era, ma per vincere si è convertito al lulismo. Il dato più importante è che, chiunque sia al potere, questa alleanza ha scopi funzionali alle economie dei suoi Stati membri.

Queste caratteristiche pongono l’Ap in un’altra categoria geopolitica rispetto a Alba e Unasur: la prima nacque dalla volontà di VeneCuba di offrire un modello alternativo al binomio democrazia liberale-libero mercato caro agli Usa e di contestare il predominio di Washington in America Latina. La seconda è il risultato delle idee di Chávez, temperate dal Brasile, e si propone di risolvere senza l’aiuto statunitense le questioni sudamericane.

L’Alleanza del Pacifico in questo momento si contrappone al Mercosur, il blocco commerciale che comprende Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay (sospeso dopo il non-golpe dell’anno scorso, dovrebbe essere riammesso a breve) e dall’anno scorso Venezuela; la Bolivia ha iniziato il processo di incorporazione. Quello che dovrebbe essere un mercato comune sudamericano è in realtà ostaggio dei suoi due paesi più grandi (Argentina e Brasile), che non esitano a ricorrere a misure protezionistiche per tutelare economie meno aperte di quelle dei membri dell’Ap.


L’Ap finisce così per mettere in luce la spaccatura che si sta formando nell’America Latina post-chavista. Da una parte ci sono gli orfani di Chávez (Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua, Argentina, in misura minore l’Ecuador), che condividono e vogliono mantenere viva l’eredità ideologica del comandante venezuelano ma devono fare i conti con una realtà economica diversa rispetto agli anni della prodigalità di Caracas. Dall’altra ci sono i paesi del Pacifico, che guardano a Oriente e mettono l’espansione dei commerci in cima alla loro agenda di politica estera. La frattura è geografica oltre che ideologica, ma per bypassarla potrebbe bastare un po' di pragmatismo.

Chi rischia di rimanere intrappolato è, paradossalmente, il Brasile. La prima economia latinoamericana ha abbandonato, con Dilma, il protagonismo internazionale dei tempi di Lula e si è concentrata sul suo giardino di casa - un giardino abbastanza ampio, dato che comprende tutti i paesi sudamericani tranne Ecuador e Cile. Ultimamente, Brasilia si è occupata della stabilità del Venezuela (legittimando la contestata vittoria di Maduro) e dei non facili rapporti commerciali con l’Argentina. Rafforzarsi là dove è già più forte, cioè nel Mercosur, servirà poco al gigante lusofono se come previsto la crescita economica in questo secolo proverrà dall’Asia. Anche il protezionismo - utile nelle fasi iniziali di sviluppo di un settore industriale - nel lungo periodo è insostenibile: non favorisce la competitività e la crescita delle aziende nazionali, aumenta il prezzo dei prodotti e spaventa gli investitori internazionali.


La geografia emette sentenze inappellabili: la parte Pacifica dell’America Latina può beneficiare della vicinanza relativa ai più dinamici mercati asiatici. L’interazione non è facile: tutti gli Stati centro e sudamericani rischiano di essere invasi da prodotti cinesi a basso costo senza avere esportazioni in grado di riequilibrare la bilancia commerciale. Rischio particolarmente presente per chi ha un trattato di libero commercio con Pechino (Cile, Perù e Costa Rica, non per caso tutti membri effettivi o in pectore dell'Alleanza del Pacifico).

Per affrontare al meglio la sfida orientale, dovranno diventare più competitivi e fare gruppo. Messico, Colombia, Perù e Cile hanno intenzione di provarci; gli altri paesi dell’area, a cominciare dal Brasile, sono un passo indietro.
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