Rapporto
dell’Intelligence USA: per la prima volta dal XV secolo, grazie alla
crisi del 2008, l’Occidente perde il predominio di fronte a Cina e
BRICS. E mentre L’UE non terrà la sua coesione, crescono il popolo
post-politico di “Facebookland” e “Twitterland” insieme allo strapotere
dei magnati dell’informazione. Esaurite le risorse, nascono
i “conflitti idrici”.
Ogni
quattro anni, con l’inizio del nuovo mandato presidenziale negli Stati
Uniti, il National Intelligence Council (NIC), Ufficio di analisi e di
anticipazione geopolitica ed economica della Central Intelligence
Agency (CIA), pubblica un rapporto che diventa automaticamente un
riferimento per tutti i ministeri degli esteri del mondo. Anche se,
ovviamente, si tratta di una visione molto particolare (quella di
Washington), preparata da un’agenzia, la CIA, la cui missione
principale è quella di difendere gli interessi degli Stati Uniti, il
rapporto strategico del Nic presenta una indiscutibile utilità perché è
il risultato di una messa in comune – rivista da tutte le agenzie di
intelligence degli Stati Uniti – di studi elaborati da esperti
indipendenti di molti altri paesi (Europa, Cina, India, Africa, America
Latina, mondo arabo-musulmano, ecc.).
Il
documento confidenziale che il presidente Barack Obama ha trovato
sulla sua scrivania, lo scorso 21 gennaio, quando ha preso possesso del
suo secondo mandato, è stato appena pubblicato con il titolo “Global
Trends 2030. Alternative Worlds”. Cosa ci dice?
La
constatazione principale è il declino dell’Occidente. Per la prima
volta a partire dal XV secolo, i paesi occidentali stanno perdendo
potere di fronte all’ascesa delle nuove potenze emergenti. Inizia la
fase finale di cinque secoli di dominazione occidentale del mondo. Anche
se gli Stati Uniti rimarranno una delle principali potenze planetarie,
perderanno la loro egemonia economica a favore della Cina. E non
eserciteranno più la loro «egemonia militare solitaria», come hanno
fatto dalla fine della guerra fredda (1989). Andiamo verso un mondo
multipolare nel quale nuovi attori (Cina, India, Brasile, Russia, Sud
Africa) hanno la vocazione a costituire solidi poli regionali e a
insidiare a Washington e ai suoi alleati (Giappone, Germania, Regno
Unito, Francia) la supremazia internazionale.
Un lungo declino fino al 2030
Per
avere un’idea dell’importanza e della velocità del declassamento
occidentale che si avvicina, basta segnalare queste cifre: la quota dei
paesi occidentali nell’economia globale passerà dal 56% attuale al 25%
nel 2030... Così, in meno di vent’anni, l’Occidente perderà più della
metà del suo predominio economico... Una delle conseguenze di questo è
che gli Usa e i loro alleati non avranno probabilmente più i mezzi
finanziari per assumere il ruolo di gendarmi del mondo... In modo che
questo cambiamento strutturale (aggiunto alla attuale crisi finanziaria
ed economica) potrebbe realizzare ciò che non hanno ottenuto né
l’Unione Sovietica né al-Qaeda: indebolire stabilmente l’Occidente.
Secondo
questo rapporto, in Europa la crisi durerà almeno un decennio, cioè
fino al 2023... E, sempre secondo il documento della Cia, non è certo
che l’Unione europea sarà in grado di mantenere la sua coesione. Nel
frattempo, si conferma l’emergere della Cina come seconda economia
mondiale, con la vocazione a diventare la prima. Allo stesso tempo, gli
altri paesi del gruppo chiamato BRICS (Brasile, Russia, India e Sud
Africa) si piazzano nella seconda fila competendo direttamente con gli
antichi imperi dominanti del gruppo Jafru (Giappone, Germania, Francia,
Regno unito: l’acronimo deriva dai nomi di questi paesi in spagnolo,
ndt).
In
terza linea appaiono ora una serie di potenze intermedie, con
demografie in aumento e con forti tassi di crescita economica, anch’esse
chiamate a convertirsi in poli egemonici regionali, con la tendenza a
trasformarsi in gruppo con una influenza mondiale, il Cinetv (Colombia,
Indonesia, Nigeria, Etiopia, Turchia, Vietnam). Ma da qui al 2030, nel
“Nuovo Sistema Internazionale”, alcune delle maggiori collettività del
mondo non saranno più paesi ma comunità aggregate e vincolate tra loro
attraverso Internet e le reti sociali. Per esempio, “Facebookland”:
più di un miliardo di utenti... O “Twitterland”, più di 800 milioni...
La loro influenza, nel gioco dei poteri della geopolitica mondiale,
potrà rivelarsi decisiva. Le strutture di potere diventeranno liquide
grazie all’accesso universale alla Rete e all’uso di nuovi software.
A
questo proposito, il rapporto della CIA annuncia la nascita di
tensioni tra i cittadini e alcuni governi in un tipo di dinamiche che
vari sociologi definiscono “post-politiche” o “post-democratiche”... Da
una parte, la generalizzazione dell’accesso alla Rete e
l’universalizzazione dell’uso delle nuove tecnologie permetteranno alla
cittadinanza di conquistare alti livelli di libertà e di sfidare i
suoi rappresentanti politici (come durante le primavere arabe o la
crisi, in Spagna, degli indignados). Ma, allo stesso tempo, secondo gli
autori del rapporto, questi stessi mezzi elettronici forniranno ai
governi «una capacità senza precedenti di controllo sui propri
cittadini».
«La
tecnologia – aggiungono gli analisti di Global Trends 2030 –
continuerà ad essere il grande livellatore, e i futuri magnati di
Internet, come potrebbe essere il caso di Google e di Facebook,
possiedono intere montagne di dati, e gestiscono in tempo reale più
informazione di qualunque governo». Per questo, la CIA raccomanda
all’amministrazione Usa di far fronte a questa eventuale minaccia delle
grandi aziende di Internet attivando lo Special Collection Service, un
servizio di intelligence ultrasegreto - amministrato congiuntamente
dalla NSA (National Security Agency) e dal SCE (Service Criptology
Elements) delle forze armate – specializzato nell’intercettazione
clandestina di informazioni di origine digitale. Il pericolo che un
gruppo di imprese private controlli tutta questa massa di dati risiede,
principalmente, nel fatto che questo potrebbe condizionare il
comportamento a grande scala della popolazione mondiale e anche delle
entità governative. Si teme anche che il terrorismo jihadista sia
rimpiazzato da un cyberterrorismo ancora più pervasivo.
Veloce addio dell’acqua dolce
La
CIA prende tanto più sul serio questo nuovo tipo di minacce perché,
alla fine, il declino degli Stati Uniti non è stato provocato da una
causa esterna ma da una crisi interna: il crollo economico iniziato nel
2008. Il rapporto insiste sul fatto che la geopolitica di oggi deve
interessarsi a nuovi fenomeni che non hanno necessariamente un carattere
militare. Anche se le minacce militari non sono scomparse (si vedano
le intimidazioni armate contro la Siria o il recente atteggiamento
della Corea del Nord e il suo annuncio di un possibile uso dell’arma
atomica), i pericoli principali che oggi corrono le nostre società sono
di ordine non-militare: cambiamento climatico, conflitti economici,
crimine organizzato, guerre digitali, esaurimento delle risorse
naturali...
Su
quest’ultimo aspetto, il rapporto indica che una delle risorse che si
sta più velocemente esaurendo è l’acqua dolce. Nel 2030, il 60% della
popolazione mondiale avrà problemi di rifornimento di acqua, ciò che
darà luogo all’apparizione di “conflitti idrici”... In quanto alla fine
degli idrocarburi, in cambio, la Cia si mostra molto più ottimista
degli ecologisti. Grazie alle nuove tecniche di fracking (fratturazione
idraulica), lo sfruttamento del petrolio e del gas di scisto sta
raggiungendo livelli eccezionali. Già gli Stati Uniti sono
autosufficienti per quanto riguarda il gas, e nel 2030 lo saranno per il
petrolio, la qual cosa rende più bassi i suoi costi di produzione
manifatturiera e suggerisce la rilocalizzazione delle industrie, Ma se
gli USA – principali importatori attuali di idrocarburi – smettono di
importare petrolio, è da prevedere che i prezzi precipiteranno. Quali
saranno allora le conseguenze per gli attuali paesi esportatori?
Nel
mondo verso il quale andiamo il 60% delle persone vivranno, per la
prima volta nella storia dell’umanità, nelle città. E, in conseguenza
della riduzione accelerata della povertà, le classi medie saranno
dominanti e triplicheranno, passando da uno a tre miliardi di persone.
Questo, che in sé è una rivoluzione colossale, comporterà come
conseguenza, tra altri effetti, un cambiamento generale nei costumi
dell’alimentazione e, in particolare, un aumento del consumo di carne a
scala planetaria. Il che aggraverà la crisi ambientale. Perché si
moltiplicherà l’allevamento di bovini, maiali e pollame, e questo
presuppone un consumo di acqua (per produrre mangime, di fertilizzanti e
di energia. Con conseguenze negative in termini di effetto serra e di
riscaldamento globale...
Il
rapporto della CIA annuncia anche che, nel 2030, gli abitanti del
pianeta saranno 8,4 miliardi, ma l’aumento demografico cesserà in tutti i
continenti meno che in Africa, con il conseguente invecchiamento della
popolazione mondiale. In cambio, il legame tra l’essere umano e le
protesi tecnologiche accelererà il suo sviluppo fino a nuove generazioni
di robot e l’apparizione di “superuomini” capaci di prodezze fisiche e
intellettuali inedite.
Il
futuro è scarsamente prevedibile. Non per questo bisogna smettere di
immaginarne le prospettive. Preparandoci ad agire nelle diverse
circostanze possibili, delle quali alla fine una sola si produrrà. Anche
se abbiamo già avvertito che la Cia ha il suo proprio punto di vista
soggettivo sull’evoluzione del mondo, condizionato dal filtro della
difesa degli interessi statunitensi, il suo rapporto quadriennale non
smette di essere uno strumento estremamente utile. La sua lettura ci
aiuta e prendere coscienza delle rapide evoluzioni in corso e a
riflettere sulla possibilità di ciascuno di noi di intervenire e a
orientarne la direzione. Per costruire un futuro più giusto.
di Ignacio Ramonet
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