sabato 20 aprile 2013

L’America si schiera sulle elezioni presidenziali in Venezuela.

FONTE. LIMES-Rivista di geopolitica
di Niccolò Locatelli


Caracas decide di ricontare i voti e l'Unasur riconosce - con qualche caveat - la vittoria di Nicolás Maduro. Una decisione che legittima regionalmente l'erede di Chávez e che impegna particolarmente i presidenti di Brasile e Colombia. Il regalo degli Usa.


Due riunioni urgenti tenutesi giovedì hanno impresso una prima svolta alla crisi in cui rischiava di piombare il Venezuela, dopo che le elezioni presidenziali di domenica avevano regalato al candidato del governo Nicolás Maduro una vittoria risicata (meno di 300 mila voti) sul principale rappresentante dell'opposizione, Henrique Capriles.

La prima riunione è stata quella del Consiglio nazionale elettorale (Cne), l'organo responsabile delle operazioni di voto in Venezuela. Il Cne ha infine deciso un riconteggio dei voti, come aveva richiesto Capriles non appena erano stati diffusi i risultati. I dettagli tecnici di questo riconteggio non sono ancora chiarissimi, ma lo stesso Capriles ha accettato la decisione, parlando di una "lotta eroica" del popolo venezuelano. Il processo dovrebbe durare un mese.

Non è da escludersi che la decisione presa nella prima riunione sia stata influenzata dall'approssimarsi della seconda riunione, quella dell'Unasur, che si è svolta ieri notte a Lima, capitale del Perù (presidente pro tempore dell'organizzazione). A questa seconda riunione, convocata d'urgenza dal presidente peruviano Ollanta Humala mercoledì, hanno partecipato i presidenti dei principali paesi membri: Dilma Rousseff (Brasile), Cristina Kirchner (Argentina), Pepe Mujica (Uruguay), Juan Manuel Santos (Colombia), Sebastián Piñera (Cile), Evo Morales (Bolivia), oltre agli stessi Humala e Maduro.

L'Unasur ha riconosciuto la vittoria di Maduro, ha invitato tutti a riconoscere il risultato e a rispettare l'iter previsto dalle leggi venezuelane per inoltrare eventuali reclami. Gli ultimi tre paragrafi del comunicato sono interessanti: l'organizzazione plaude alla decisione del Cne di permettere il riconteggio "totale" dei voti, invita a desistere da atti che possano mettere in pericolo la pace sociale e nomina una commissione d'inchiesta sulle violenze del 15 aprile, che hanno fatto 8 morti - tutti uccisi da simpatizzanti dell'opposizione, secondo Maduro.

Le scelte dell'Unasur possono prevenire un'escalation della tensione a Caracas: mettono in chiaro che l'emisfero riconosce la vittoria del "figlio di Chávez", ma ribadiscono l'attenzione dell'organizzazione al rispetto delle regole democratiche (lode al riconteggio) da parte di tutti (inchiesta sulle violenze). In ballo non c'è solo la stabilità del Venezuela, da cui comunque dipende in parte anche quella della regione, ma anche la credibilità di chi ne difende pubblicamente il capo di Stato.

Questo discorso vale in particolare per quei paesi che sono meno vicini all'asse bolivariano creato da Chávez e comprendente Cuba, Nicaragua, Bolivia, Ecuador e Argentina. Elezioni presidenziali sono previste per quest'anno in Cile e per il prossimo in Brasile e Colombia, due Stati confinanti con il Venezuela: qualora sussistessero dubbi sulla regolarità della vittoria di Maduro, il sostegno al neopresidente potrebbe ritorcersi contro Dilma e Santos alle urne.

D'altra parte durante il governo colombiano è impegnato con la guerriglia delle Farc in colloqui di pace che sembrano promettenti. Il Venezuela è "paese accompagnatore" delle trattative e non avrebbe senso alienarsi il suo capo di Stato in questa fase. Dilma è concentrata sulla rielezione e vuole essenzialmente evitare problemi.

In questi giorni si sono schierati anche gli Usa: il segretario di Stato John Kerry si è detto da subito a favore del riconteggio dei voti, senza però specificare se Maduro sarà riconosciuto o meno come presidente legittimo, dopo il giuramento ufficiale di venerdì.

L'atteggiamento statunitense è un regalo all'erede di Chávez, che non ha tardato a paragonare l'amministrazione Obama a quella di Nixon, con riferimento al golpe contro Allende in Cile del 1973. Tante le differenze abissali tra le due situazioni, ma una in particolare spicca: gli Stati Uniti oggi hanno nei confronti dell'America Latina un interesse molto minore di 40 anni fa.

Per quanto spiacevole e nel medio periodo problematico, visto che stiamo parlando di uno dei principali fornitori di greggio della prima economia mondiale, il gelo tra Caracas e Washington non è nulla di nuovo o di paralizzante, soprattutto per gli Usa.

Il continente americano si è espresso sulla legittimità delle elezioni in Venezuela. Maduro esce rafforzato dalla riunione dell'Unasur, anche se non è da escludere che abbiamo dovuto concedere il riconteggio in cambio del riconoscimento regionale. In ogni caso, da oggi alla fine del riconteggio, l'America del Nord, del Centro e del Sud spera di poter pensare ad altro.


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