lunedì 15 ottobre 2012

MERCOSUR: la quinta potenza del mondo?

Fonte: Il Caffè Geopolitico

L’accordo per l’entrata del Venezuela nel Mercosur, dopo la sospensione del Paraguay come membro permanente a seguito del “Golpe Parlamentare” ai danni di Fernando Lugo, ha avuto e avrà un impatto sempre più grande nelle relazioni geo: economiche, politiche e strategiche. Non solo per gli equilibri regionali.

LA CAUSA – Il “clima” generalizzato d’instabilità e insicurezza. E’ questo da alcuni anni il nuovo protagonista della politica sudamericana. Un termine politically correct per decifrare la pressione esercitata da gruppi oligarchici che si oppongono all’avanzata progressista e riformatrice impulsata dal giro izquierdista assunto da numerosi governi della regione. Lo stesso “clima” che ha portato alla destituzione di Fernando Lugo in Paraguay il 22 giugno scorso.

Un crampo democratico, non una crisi, dal momento che il Golpe è stato istituzionale. Neogolpismo, Golpe Costituzionale o ancora Golpe Parlamentare. Clarín, Pagina 12, le Monde diplomatique, El País. Dalle colonne di tutto il mondo numerosi giornalisti si sono sbizzarriti nel trovare un’appropriata definizione capace di identificare una nuova prassi politica che ha già diversi precedenti storici nella destituzione di Jean-Bertrand Aristide ad Haiti nel 2004, di Zelaya in Honduras nel 2009, e appunto di Lugo in Paraguay nel 2012. Ci hanno provato anche in Venezuela nel 2002 e ancora in Ecuador e in Bolivia nel 2008. Ma Chávez, Correa e Morales godono di ben altra caratura popolare nei rispettivi paesi. Aldilà dei risultati, l’ossimoro resta. Come può definirsi legale una manovra che seppur rispettando i due terzi di un dettame costituzionale, manca della prevista approvazione del popolo quale passaggio fondamentale per acquisire legittimità democratica? Senza dimenticare la velocità fulminea con cui il Parlamento paraguaiano ha messo in atto il meccanismo del “giudizio politico”, con la concessione di appena qualche ora di tempo all’ormai ex presidente per preparare la difesa.


L’EFFETTO
– Con altrettanta rapidità si è mosso
l’intero blocco dei paesi sudamericani, invitati a Mendoza da Cristina Fernández de Kirchner per una sessione straordinaria del Mercosur e dell’Unasur, al fine di stabilire una posizione congiunta nei confronti del nuovo Governo di Franco ed evitare soprattutto un contagio neogolpista. La decisione più importante presa di comune accordo lo scorso 29 giugno durante l’Assemblea del Mercosur, è stata la sospensione immediata del Paraguay dall’organismo fino al prossimo voto elettorale democraticamente scelto. Una volta passato formalmente il testimone della presidenza pro-tempore alla brasiliana Dilma Rousseff, subito dopo la chiusura dell’organo la Presidenta argentina ha inaugurato i lavori dell’Unasur, nella quale si è di fatto legittimata la decisione presa qualche ora prima con il benestare stavolta di tutti i paesi latinoamericani, uniti soprattutto nel momento di valutare la lucida osservazione dell’uruguaiano Mujica circa la non volontà d’infierire con l’adozione di sanzioni economiche che potrebbero colpire direttamente la popolazione paraguaiana. Così come sottolineato dal giornalista Federico Vázquez su “le Monde diplomatique”, l’effetto principale del Golpe in Paraguay è stato una profonda destrutturazione degli spazi regionali, con un organismo economico come il Mercosur che prende decisioni politiche e una Unasur che al contempo approva misure economiche. Uno scambio di ruoli quello avvenuto a Mendoza che ha permesso di ridiscutere l’entrata del Venezuela come membro a pieno titolo del Mercosur. Un passaggio storico ratificato dopo anni di veto paraguaiano il 31 luglio a Brasilia.
  LE CONSEGUENZE – Argentina, Brasile e Venezuela insieme, mitigate dalla leadership silenziosa dell’Uruguay, ossia i tre quarti dell’intero PIL sudamericano. Una unione che trasforma, quantomeno virtualmente, il Mercosur nella quinta potenza economica mondiale dietro Stati Uniti, Cina, India e Giappone, davanti alla Germania, diventando in tal modo l’area con la più grande riserva di petrolio e acqua dolce al mondo, una delle più grandi di gas, il primo produttore alimentario del pianeta e l’area più ricca in biodiversità. Un rafforzamento quanti-qualitativo che assume una dimensione ancor più considerevole se si tengono in conto i rapporti privilegiati che Pechino mantiene ormai da tempo con Buenos Aires, Brasilia e Caracas. Tra le prime iniziative avanzate dal nuovo blocco è stato varato un piano di armonizzazione legislativa volto a integrare i meccanismi economico-industriali innescati dall’accordo, finalizzato alla creazione di risorse future da convertire successivamente nel settore pubblico. Il Nuovo Codice Doganale del Mercosur prevede infatti un maggiore interventismo statale realizzato attraverso un controllo dell’import-export da parte dei paesi membri. Tradotto: maggiori restrizioni sulle importazioni che renderebbe più difficile il libero commercio, il che ha fatto gridare al “protezionismo populista” la sempre più fragile Unione Europea. Come pronta risposta Dilma Rousseff, nell’ultima Assemblea Generale dell’ONU, ha difeso con vigore il diritto dei paesi emergenti a difendersi dal contagio della crisi. Nel frattempo, dopo gli accordi commerciali stipulati dal Perù e dalla Colombia proprio con l’UE e gli USA, la Comunità Andina appare sempre più disgregata, mentre già l’Uruguay ha manifestato l’intenzione di voler proporre  nel 2013 l’ulteriore integrazione della Bolivia nel Mercosur durante il proprio periodo di presidenza pro-tempore. Dal canto suo il Paraguay ha fatto sapere di non riconoscere l’annessione venezuelana, ironizzando sul fatto che l’organismo regionale abbia cambiato un partner povero con uno ricco, dando l’autorizzazione agli Stati Uniti per la costruzione di una nuova base militare sul territorio, ufficialmente per garantire un maggiore controllo nella lotta al narcotraffico. Mentre le strategie si ridefiniscono e la crisi avanza, rimane il fatto che ad oggi la regione si sia ricompattata dal Caribe alla Patagonia come mai prima nella storia.


E L’ARGENTINA?
– Con il Brasile è previsto un importante accordo di collaborazione per lo scambio di tecnologie al fine di promuovere il know how locale e incentivare così la produzione nazionale. Diversa invece è la situazione al confine uruguagio. A minare la serenità dei rapporti diplomatici è la mancata intesa sull’esclusione dell’impresa olandese Riovía dai lavori di drenaggio del canale Martín García per la sua confluenza nel Río de la Plata. In questo caso, data l’estrema importanza per il Porto di Montevideo del lavoro svolto dall’azienda europea, la prudenza del Presidente Mujica appare alquanto comprensibile rispetto alla possibilità di tagliare “ypfenianamente” la presenza di Riovía nel canale. Senza dubbio però la novità più grossa sembra essere l’alleanza strategica raggiunta con il Venezuela per la “sovranità energetica”. Con una dichiarazione bilaterale di cooperazione è stata infatti accordata da un lato l’incorporazione della YPF per i lavori di estrazione petrolifera nella falla dell’Orinoco in Venezuela, dall’altro il coinvolgimento diretto della PDVSA ai prossimi progetti di estrazione previsti in Argentina.

Delle misure capaci di moltiplicare sensibilmente il potenziale del paese australe, che il 3 agosto ha inoltre effettuato l’ultimo pagamento di circa 2,3 miliardi di dollari al FMI, rimborsando così dopo dieci anni circa il 92,4% di quegli oltre 100 miliardi di dollari sui debiti esteri che avevano causato il default del 2001. E sebbene il malcontento interno talvolta ingiustificato continui ad attanagliare i sogni della Presidenta Kirchner, qualcuno per tentazione, o per l’ovvia necessità di aggiungere una vocale, già comincia a parlare di BRICSA.


di
Mario Paciolla
redazione@ilcaffegeopolitico.net

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