venerdì 19 ottobre 2012

Cuba, cambia tutto per non cambiare nulla. Ma forse qualcosa cambierà comunque.

Fonte: WWW.LIBERTIAMO.IT

Martedì scorso il regime di Raul Castro, a Cuba, ha annunciato la sua riforma più importante. Per uscire dal Paese non ci sarà più bisogno dell’odiata “Carta Bianca”, un documento rilasciato arbitrariamente dalle autorità. Né sarà più necessario un invito da parte di una singola persona o di un’istituzione del Paese in cui si vuole andare. Infine, la durata del permesso di viaggio viene estesa da 11 a 24 mesi (due anni). Il nuovo regolamento entrerà in vigore, con una nuova legge, il prossimo 14 gennaio 2013.
Cuba sta finalmente diventando un Paese libero? Finora il regime di Raul Castro ha dimostrato di saper cambiare tutto per non cambiare nulla. Ha liberalizzato la vendita delle auto. Ma non è un pericolo per il regime: nel Paese sono pochi quelli che possono permettersi l’automobile. Circolano ancora veicoli vecchi di mezzo secolo. Ha reintrodotto la possibilità di aprire piccole attività commerciali. Ma anche questo, finora, cambia poco: ancora meno cittadini possono permettersi (con un salario medio di 20 dollari al mese) di avviarne una. Ha concesso un limitato diritto di proprietà privata sulla casa. Ma così facendo ha solo reintrodotto un controllo maggiore in un mercato che si stava espandendo clandestinamente: una società con seri problemi di sovrappopolazione ha sempre praticato la compravendita in nero degli appartamenti, spesso trasformati in dormitori dove coabitano due, tre generazioni di una stessa famiglia.
Raul Castro ha parzialmente legalizzato il possesso di computer e cellulari, ma ha mantenuto uno stretto controllo su Internet e qualsiasi tipo di comunicazione. La tecnologia degli anni 2000, come dimostrano Cina e Iran, permette di censurare il Web così come un tempo si poteva fare con la stampa e la corrispondenza postale. Invece di proibire il possesso di un nuovo mezzo di comunicazione e provocare inutili frustrazioni, si accontenta il cittadino permettendogli di comprarne uno, ma poi lo si controlla meglio, spiandolo su Internet.
L’abolizione della Carta Bianca, annunciata martedì, “funziona” allo stesso modo. Teoricamente c’è più possibilità di uscire, restar fuori e rientrare a Cuba. In pratica, però, le autorità si riservano il diritto di negare il permesso quando e come vogliono. Per espatriare occorre il passaporto, ovviamente. E il regime lo può negare o ritirare arbitrariamente.
Già il progetto di legge prevede limiti enormi: non potrà uscire chi è ritenuto un “talento”, “formato dalla Rivoluzione” e dunque passibile di essere “rubato” dalle “grandi potenze nemiche”. Un medico, uno scienziato, un professore, un ingegnere, possono tranquillamente essere trattenuti nel “Paradiso” cubano, per evitare che entrino nel mercato americano o europeo. Il passaporto, inoltre, potrà essere negato per altrettanto generiche “ragioni di interesse nazionale”. Una dissidente come Yoani Sanchez, a cui il permesso di uscita è stato negato per ben 20 volte in 5 anni, difficilmente potrà permettersi un viaggio in Spagna o negli Stati Uniti.
Ecco perché si legge solo scetticismo nei commenti degli attivisti.Il ‘filtro’ verrà applicato sul passaporto e non più sulla Carta Bianca come avveniva finora”, commenta la stessa Sanchez.
Lo Stato sta ammettendo che il popolo ha un diritto (di uscire dal Paese, ndr), ma con tutti questi limiti e queste eccezioni, a migliaia di persone verrà negato”, ribadisce Elizardo Sanchez, dissidente cubano con un lungo e doloroso passato nelle carceri cubane. Vista con lo sguardo di un disilluso, la riforma sull’espatrio assomiglia più ad un’ora d’aria concessa ai galeotti più disciplinati, che non a una vera e propria libertà di movimento.
Da quel che si può constatare, non c’è alcuna “caduta del muro di Cuba”. Anche perché Castro non è Gorbachev. Semmai vuole seguire l’esempio della Cina. L’ultimo presidente sovietico era convinto che, concedendo più democrazia, libertà di espressione e possibilità di movimento, i cittadini dei regimi comunisti avrebbero scelto spontaneamente il sistema comunista. Provò a seguire questa strada e scoprì la dura realtà: una volta liberi di votare e di andarsene, i suoi cittadini svuotarono in pochi anni il socialismo reale, votando con le schede e con i piedi. Raul Castro non è altrettanto illuso. Il suo fine, evidentemente, è quello di dar sfogo alle tendenze centrifughe più potenti, pur mantenendo il pieno controllo politico sulla società cubana, come la Cina ha iniziato a fare dalla fine degli anni ‘70 in poi.
Nonostante tutto, però, ogni libertà concessa diventa incontrollabile e potenzialmente pericolosa per un regime totalitario. Se non verranno posti filtri eccessivi sulla concessione dei passaporti, molti più cubani potranno viaggiare, farsi un’idea di quel che esiste nel mondo libero e tornare a casa con idee potenzialmente “sovversive”. Se venissero posti limiti eccessivi (e, di fatto, non cambiasse nulla rispetto alle regole che ci sono oggi) potrebbe subentrare, invece il malcontento popolare per una promessa non mantenuta.
Il regime castrista, forse, non se n’è ancora accorto. Ma ha già aperto un vaso di Pandora.

di STEFANO MAGNI

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