martedì 23 dicembre 2014

Cuba, futuro al bivio tra conquista capitalista e riconquista cattolica: colonia Usa o protettorato Vaticano?

Fonte:L'Huffington Post

di Piero Schiavazzi



Come molti allievi dei gesuiti, Castro ha perso la fede ma è rimasto “Fidel” al Papa. Quando al culmine della rivoluzione cancellò il Natale, non chiuse però la nunziatura. Sfrattando Dio dal calendario ma conservando ai suoi emissari un posto nello stradario. Che a differenza delle rampe sovietiche non è stato mai rimosso. Per lanciare il suoi “missili” al momento giusto.
Se il mondo esalta in queste ore le virtù del triangolo Washington - Vaticano - L’Avana, sullo sfondo risalta invece, sin d’ora, il tratto geometrico di un confronto a due: tra il Papato e l’Impero. Dove Cuba si consegnò a Francesco per non soccombere. Salvando mezzo secolo di battaglie. Mentre Obama, il liberal, si rassegnò a trattare con Bergoglio, il libertador. Per non perdere la metà del Continente, che in lui avverte l’impeto trascinante di Bolivar e, in incognito, il fascino magnetico di Guevara. Come si addice a un Papa che inneggia profetico alla “Patria Grande” e incita i poveri alle lotte sociali: “Continuate con la vostra lotta. Fate bene a tutti noi”. Versione ecclesiale del celebre “Hasta la victoria siempre”.
“In articulo mortis” il regime ha battezzato una revolución asfittica per consunzione e asfissiata dalle sanzioni: assicurandole la vita eterna dei libri di storia, insieme a una uscita onorevole dalla scena. Il líder maximo, al massimo del paradosso, ha scelto quale erede il pontefice sommo. L’unico a disporre di un sogno alternativo ai brand e al business dell’American Way, da Wall Street alla Coca – Cola, che già si apprestano a sbarcare in forze. Il solo a proporre il disegno di una società egualitaria, sull’orizzonte del millennio, oltre le novanta miglia che separano l’isola da Key West: come dire la chiave dell’Occidente e le chiavi del Regno dei Cieli. Meglio annessi da Roma che assorbiti dagli USA. “Todos americanos”, nello spagnolo di Buenos Aires, non significa necessariamente “todos capitalistas”.
È la prima volta in due secoli di dottrina Monroe che l’America Latina, di fronte al potente vicino settentrionale, si rapporta univocamente attraverso la voce di un solo leader, privo di complessi d’inferiorità e dotato della stessa statura internazionale, colmando un antico divario psicologico. Non solo Cuba quindi, ma un moto di autostima che dal Messico raggiunge Capo Horn. Novità che Barack Obama ha percepito subito, nel suo faccia a faccia con Francesco del 27 marzo, regolandosi di conseguenza. In un singolare rovesciamento anagrafico: tra un vecchio pontefice in folgorante ascesa e un giovane presidente al principio della discesa. In cerca di un tramonto luminoso.
Con l’ingresso di Bergoglio il Vaticano è diventato, in certo senso, la “Casa Bianca” del Sudamerica: il simbolo unitario, fisicamente centralizzato e spiritualmente globalizzato, che mancava per sentirsi, e sedersi, alla pari con i gringos. 
Coloro che avevano visto nel trasloco a Santa Marta una manifestazione di umiltà estrema, ne colgono adesso il risvolto e l’ambizione suprema. Dopo diciotto mesi senza inquilino, il Palazzo Apostolico ha ritrovato destinazione d’uso e vocazione, in veste di “Onu pro tempore”. Passando dalla guerra segreta di Vatileaks ai segreti di una trattativa di pace, dove i governi si confessano e assolvono a vicenda.
Sul piano geopolitico in definitiva il conclave si è chiuso oggi, estendendo ai Caraibi, dal microcosmo della Sistina, la saldatura ortopedica fra il Nord e il Sud che aveva condotto all’elezione di Francesco: il Papa è “un esempio di come il mondo dovrebbe essere”, ha chiosato a riguardo il Presidente, ben consapevole tuttavia che non sarebbe un mondo a stelle e strisce.
Eletto con il voto decisivo dei cardinali yankee, Bergoglio non ha ricambiato eleggendo a modello il Washington Consensus. Mai, come abbiamo scritto, un pontefice era sembrato tanto vicino e lontano al tempo stesso. Provenendo dal medesimo emisfero e contestualmente da quello opposto: sudista prima che occidentale. Teorico di una democrazia sostanziale, fondata sul popolo e garantita dallo stato sociale, in luogo di quella formale, centrata sull’individuo e sequestrata dai poteri forti.
Se Giovanni Paolo II, nel 1997, aveva restituito il Natale ai cubani, Francesco in aggiunta gli ha fatto trovare l’America sotto l’albero. Un dono “a sorpresa” per l’isola, nel senso più ampio e ambivalente del termine. Al bivio tra un futuro di colonia USA o di “protettorato” vaticano. Terra di assai probabile conquista del capitalismo e delle sette protestanti, ma anche di una possibile riconquista cattolica. Da cui rilanciare il mito della terza via e del mondo “come dovrebbe essere”.

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