lunedì 15 ottobre 2012

Scenario israelo-statunitense: dividi la Siria, dividi il resto.

tratto da http://www.silviacattori.net

Scenario israelo-statunitense per dividere la Siria


Quello che sta accadendo in Siria è un segno di ciò che accadrà nella regione. Il cambio di regime in Siria non è l’unico obiettivo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Dividere la Repubblica Araba di Siria è l’obiettivo finale di Washington, in Siria.
L’inglese Maplecroft, specializzata nella consulenza sul rischio strategico, ha detto che stiamo assistendo alla balcanizzazione dello Stato siriano: “i curdi nel nord, i drusi nelle colline meridionali, gli alawiti nella regione costiera montagnosa nord-occidentale e la maggioranza sunnita altrove“.
Stiamo già sentendo gente come il consigliere della Casa Bianca, Vali Nasr, parlare di tutto questo. Le divisioni etniche e religiose in Siria non sono delimitate ai termini puramente geografici, e il processo di balcanizzazione potrebbe giocare come processo di libanizzazione, il che significa che la Siria sarà divisa lungo violente linee di faglia settarie e affronterà una situazione di stallo politico, come il Libano durante la guerra civile, ma senza una formale frattura. La libanizzazione, una forma morbida di balcanizzazione, ha già avuto luogo in Iraq sotto il federalismo.
Gli eventi in Medio Oriente e Nord Africa stanno vedendo l’animazione dei movimenti di massa contro i tiranni locali, come in Bahrain, Giordania, Marocco e Arabia Saudita, ma c’è anche lo scenario viziato del Piano Yinon d’Israele, e delle sue propaggini. Il Piano Yinon e schemi analoghi vogliono una artificiosa guerra sciita-sunnita tra i musulmani, come elemento centrale delle divisioni settarie, o Fitna in arabo, che includano l’animosità cristiano-musulmana, arabo-berbera, arabo-iraniana, arabo-turca e turco-iraniana.
Ciò che questo processo si propone di fare, è suscitare odio settario, divisioni etniche, razzismo e guerre di religione. Tutti i paesi che gli Stati Uniti e i loro alleati stanno destabilizzando hanno naturali linee di demarcazione, e quando le animosità tribali, etniche, confessionali e religiose si accendono in un paese, trascinano altri paesi. I problemi in Libia si sono riversati in Niger e in Ciad ed i problemi in Siria si sono riversarsi in Turchia e Libano.
L’Egitto è il luogo delle correnti rivoluzionarie e contro-rivoluzionarie che hanno mantenuto la più grande potenza araba impegnata nel mantenere la propria attenzione sulla politica interna. Mentre l’Egitto affronta sconvolgimenti interni, gli Stati Uniti stanno tentando di contrapporre i militari del paese e la Fratellanza Musulmana, gli uni contro l’altra. Prima, gli sconvolgimenti nel Sudan, formalmente balcanizzato da Tel Aviv e Washington attraverso la manipolazione della politica delle identità, che hanno portato alla secessione del Sud Sudan.
La Libia è stata neutralizzata e divisa da vari gruppi. La libanizzazione, come accennato in precedenza, ha messo radici in Iraq con il governo regionale del Kurdistan (KRG) supportato dall’estero – in particolare con gli aiuti di Stati Uniti, Europa Occidentale, Israele e Turchia – comincia ad agire sempre di più come se l’Iraq del Nord o Kurdistan iracheno sia un paese separato dal resto dell’Iraq.
Di Dore Gold, presidente del Jerusalem Center for Public Affairs e consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, vale la pena citare il punto di vista: “Quello che succede in Siria è che il Medio Oriente sta andando a pezzi, una nuova forma di caos sostituisce ciò che esisteva.” Questo, naturalmente, fa parte del wishful thinking dei responsabili politici israeliani che hanno interesse nel vederlo. Originariamente, la posizione di Tel Aviv è stata ignorata quando la crisi in Siria era iniziata, ma è chiaro ora che Israele ha interesse nel vedere la Siria frammentata e in uno stato di continua guerra civile. Questo è ciò che il Piano Yinon e i suoi succedanei hanno sottolineato come obiettivi strategici di Israele, in Siria e in Libano.
Nazionalismo curdo
La Siria, come l’Iraq, può essere vista come un punto di pressione chiave nel Medio Oriente. Smantellando entrambe, si avrà il tracollo regionale. Se le cose peggioreranno in Siria, l’Iraq sarà ancor più fragile, facendo ribollire la regione come un vulcano geo-politico.
Per coloro che hanno dubbi sul fatto che gli Stati Uniti stanno alimentando le fiamme di un fuoco per far fondere il Medio Oriente, o che gli eventi in Siria stiano cominciando ad avere ramificazioni regionali, hanno solo bisogno di guardare la regione del Kurdistan. Combattenti nazionalisti curdi hanno iniziato a mobilitarsi in Siria e in Turchia, e le truppe turche sono state attaccate da loro. Il governo regionale del Kurdistan (KRG) ha iniziato a prendere misure più importanti, cosa che indica la sua indipendenza dall’Iraq.
In Iraq, il KRG è essenzialmente uno stato de facto con propri parlamento, bandiera, esercito, regime dei visti, forze armate, polizia e leggi. In violazione delle leggi nazionali irachene, il KRG ha anche fatto in proprio accordi illegali su armi e petrolio con i governi ed enti stranieri, senza nemmeno notificarli al governo di Baghdad. Inoltre, il KRG ha addirittura impedito alle truppe irachene di recarsi nel confine iracheno di nord-ovest con la Siria, per assicurarsi la fine del contrabbando di armi e dell’illegalità.
La Turchia, che mantiene stretti legami con il KRG, incoraggia anch’essa questo comportamento e ha anche trattato il KRG come governo nazionale, avendo contatti diplomatici senza consultare il governo iracheno di Baghdad. I capi del governo regionale del Kurdistan stanno anche permettendo che il loro paese sia utilizzato come base operativa del Mossad contro la Siria e l’Iran.
Ironia della sorte, la Turchia ha avvertito che ci vorrà un’azione militare contro i separatisti curdi in Siria, mentre Ankara sostiene le tendenze separatiste del KRG e la divisione della Siria. Oltre a creare tensioni tra i governi turco e iracheno, ciò ha avuto conseguenze in Turchia. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) ha iniziato a rimobilitarsi. Il PKK ha affermato che controlla il Distretto Semdinli (Semzinan) nella Provincia turca di Hakkari, e scontri sono scoppiati nel sud-est della Turchia.
Le perdite hanno cominciato ad aumentare tra le truppe turche e le forze di sicurezza hanno iniziato ad affrontare attacchi. La legge marziale è stata dichiarata nella provincia di Hakkari, secondo la stampa turca. La Turchia stessa ora affronta lo scontro diretto con le forze antigovernative, mentre appare incapace di governare il proprio territorio. Un deputato del Partito Repubblicano del Popolo, dell’opposizione turca, è stato rapito dal PKK. Il primo ministro turco Erdogan ha cercato di incolpare la Siria per l’esplosione delle lotte nelle zone curde della Turchia, ma omette il fatto che le violenze in Turchia sono il risultato diretto delle interferenza turche in Siria. Se già non le hanno, le armi che Erdogan sta inviando in Siria, alla fine, troveranno la via del ritorno in Turchia, dove saranno utilizzate dalle forze antigovernative.
Gli obiettivi di Tel Aviv in Libano: un secondo fronte levantino è stato aperto?
Il caso dell’attacco al bus turistico israeliano in Bulgaria è inquietante, a dir poco. Ciò che colpisce dell’incidente, è che Israele ha incolpato immediatamente Hezbollah e l’Iran, nemmeno a un’ora dall’attacco, quando le indagini erano in corso.
Ciò che è degno di nota è che i funzionari, appena poche settimane prima, a Tel Aviv, minacciavano di attaccare di nuovo il Libano, dicendo che avrebbero distrutto totalmente il Libano in una terza guerra israelo-libanese. I commenti israeliani sono stati fatti dal brigadier-generale Hertzi Halevy, comandante della 91.ma Divisione di Tel Aviv, appena una settimana prima del sesto anniversario della vittoria di Hezbollah contro Israele nella guerra del 2006 tra Israele e Libano. Halévy e altri leader israeliani hanno ripetutamente minacciato di ridurre in cenere il Libano, lanciando un attacco a tutto campo.
Gli alleati della Siria sono tutti sotto pressione in un ambiente da guerra multi-dimensionale. Iran, Russia, Libano, Iraq e palestinesi vengono messi sempre più sotto pressione, per abbandonare i loro alleati siriani. Le minacce israeliane mirano a mettere pressione psicologica su Libano e Hezbollah, utilizzando i media per espandere l’assedio politico, psicologico, economico, diplomatico e d’intelligence contro la Siria in Libano. Le sanzioni statunitensi contro la Siria stanno già investendo l’Iran ed Hezbollah, e le banche libanesi hanno dovuto affrontare attacchi informatici e le pressioni di Washington e dei suoi alleati.
Guardando l’orizzonte del futuro: arriva l’arco dell’instabilità degli USA?
L’assedio della Siria sponsorizzato dagli USA fa parte dei loro tentativi di dividere l’Eurasia e mantenere il loro primato mondiale da superpotenza. Washington non ha pietà per i suoi amici o i suoi nemici, paesi come la Turchia e l’Arabia Saudita alla fine saranno utilizzati come carne da cannone. Gli strateghi statunitensi vogliono che l’area che va dal Nord Africa e Medio Oriente al Caucaso, all’Asia centrale e all’India sia trasformata in un buco nero in guerra, nei “Balcani eurasiatici” à la Brzezinski.
Gli arabi, l’Iran e la Turchia sono sul bordo di un grande conflitto, perché gli Stati Uniti stanno perdendo il loro status di superpotenza. Tutto ciò che rimane dello status di superpotenza di Washington è la sua potenza militare. Verso la fine della sua vita relativamente breve, l’Unione Sovietica aveva solo la forza militare. L’Unione Sovietica aveva sperimentato le tensioni sociali ed era in declino economico, prima che sprofondasse. La situazione per gli Stati Uniti non è molto diversa, se non peggiore. Washington è spezzata, socialmente divisa, sta diventando razzialmente polarizzata, e la sua influenza internazionale è in rapido declino. Le élite USA, tuttavia, sono determinate a resistere a ciò che sempre più appare come la fine dello status di arrogante superpotenza del loro paese e del loro impero.
Incendiare l’Eurasia con la sovversione, sembra essere la risposta di Washington per impedire il proprio declino. Gli Stati Uniti prevedono di accendere un grande incendio dal Marocco e dal Mediterraneo fino ai confini della Cina. Questo processo è stato sostanzialmente iniziato dagli Stati Uniti attraverso la destabilizzazione di tre diverse regioni: Asia Centrale, Medio Oriente e Nord Africa. I primi passi che gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO e arabi hanno fatto per fare ciò, non sono stati fatti in Siria.
In Medio Oriente, questo processo è iniziato con l’assedio dell’Iraq, che alla fine ha portato all’invasione anglo-statunitense e all’occupazione del paese nel 2003. In Asia centrale, il processo avviato con la destabilizzazione dell’Afghanistan durante la Guerra Fredda, e il sostegno degli Stati Uniti alle lotte tra frazioni diverse, tra cui coloro che sarebbero diventati i talebani; il 9/11 ha soltanto dato agli Stati Uniti e ai loro alleati della NATO la possibilità di invaderla. In Nord Africa, infine, gli USA e Israele hanno balcanizzato il Sudan attraverso anni di pressioni e di operazioni segrete.
Nelle tre regioni di cui sopra, oggi vediamo la seconda ondata di destabilizzazione. In Asia centrale, la guerra in Afghanistan si è estesa in Pakistan, grazie alla NATO. Ciò ha dato modo al termine “AfPak” di descrivere l’Afghanistan e il Pakistan come un teatro. In Nord Africa, la Libia è stata attaccata nel 2011 dalla NATO, e la Jamahiriya è stata sostanzialmente divisa dai vari gruppi. In Medio Oriente, questa seconda ondata di operazioni di destabilizzazione mira alla Repubblica araba siriana, in continuazione di ciò che è accaduto in Iraq.
Washington sembra sognare questo scenario: le rivolte curde che si svolgono in Siria, Turchia, Iraq e Iran; le guerre civili settarie che consumano Iraq, Libano, Siria, Turchia e lo Yemen in fiamme; l’instabilità e la guerriglia in Algeria, Egitto, Libia, Pakistan e Sudan; berberi e arabi che si combattono l’un l’altro in tutto il Nord Africa, insicurezza e incertezza politica diffuse in Asia centrale, una guerra nel Caucaso meridionale che consuma Georgia, Armenia e Repubblica di Azerbaigian; rivolte innescate tra balcari, ceceni, circassi, daghestani, ingusci e altri popoli locali caucasici contro la Russia, nel Caucaso del Nord, il Golfo Persico zona di instabilità e la Russia ai ferri corti con l’Unione europea e la Turchia. Tale incendio viene costantemente alimentato da Washington.
In definitiva, tutto questo è destinato a distruggere alcune delle rotte energetiche più importanti del mondo, per colpire i rifornimenti energetici delle economie della Cina, delle grandi potenze europee, dell’India, del Giappone e della Corea del Sud. Questo potrebbe costringere l’Unione europea a diventare più militarista, nella disperazione di salvare la sua economia.
Tale scenario potrebbe essere pericoloso per la Russia che fornisce energia, così come per gli stati dell’OPEC, che dovrebbero scegliere tra la UE e la Cina, se ci saranno carenze energetiche. Una guerra per le risorse – come la Prima Guerra Mondiale – potrebbe essere avviata portando alla rovina una gran parte dell’Africa e tutte le regioni industrializzate dell’Eurasia. Ciò accadrebbe mentre gli Stati Uniti resterebbero nell’emisfero occidentale, guardando da una distanza di sicurezza, proprio come hanno fatto durante la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale, prima che passassero per raccogliere i pezzi, quali beneficiati economici di una guerra devastante.
Mahdi Darius Nazemroaya
Global Research, 15 agosto 2012



 I responsabili dietro il dramma siriano


E’ diventato chiaro, recentemente, che il vecchio progetto occidentale per la Siria – la conversione di Aleppo nella Bengasi del paese, un punto di appoggio per una travolgente offensiva contro le forze governative – sia stato sventato in modo irreversibile.
Dopo aver modificato la loro tattica, i curatori del processo, che telecomandano l’opposizione siriana da Parigi, Tel Aviv, Londra e Washington, sono passati a una combinazione di:
1) pressione costante con lo scopo di spingere la Siria ulteriormente nel caos con attentati terroristici, sovversione, campagne di disinformazione e alimentando ancor più conflitti estremamente settari,
2) compiendo passi seri verso un palese intervento che verrebbe avviato dalla NATO e da un gruppo di suoi vassalli arabi.
Il punto, al momento, è che la Siria scivola in un incubo senza una fine in vista, che forse si concluderebbe con un episodio scioccante, come il sequestro dei depositi di armi chimiche siriane da parte delle marionette terroriste internazionali, per aggiungere il tocco finale al quadro, che alla fine dovrebbe fornire una giustificazione credibile per la repressione militare internazionale del regime di Assad.
Il ministro degli esteri britannico William Hague ha inviato il messaggio il 5 agosto, in risposta ai militanti siriani che avevano preso in ostaggio 48 iraniani, tra cui donne e bambini, secondo cui il paese sta sprofondando in un conflitto settario e che le motivazioni che guidano i gruppi di opposizione, in tutto lo spettro, sono dovute soprattutto alle loro rivalità etniche e religiose. “Potrebbe essere solo, con l’ulteriore collasso dell’autorità del regime, che si avrebbe uno spargimento di sangue su scala ancora più grande…”, ha detto Hague. Nel linguaggio della politica occidentale, trasmettere previsioni allarmistiche è una forma tradizionale per rendere pubblico il vero piano. “In assenza di una soluzione pacifica, intensificheremo il nostro sostegno all’opposizione, continuando a fornire aiuti umanitari e continuando a intensificare il nostro lavoro per isolare il regime di Assad, le sue finanze e i suoi membri, rendendogli la vita la più difficile possibile”, ha promesso il capo della diplomazia britannica [1].
Illustrazioni vivaci delle attuali tecnologie anti-Assad, spuntano sui media occidentali.
Il 5 agosto, The Sunday Times ha pubblicato un articolo del fotoreporter britannico John Cantley sulla sua prigionia nelle mani dei militanti siriani: nelle sue parole, questi erano un gruppo di jihadisti internazionali che contano nei ranghi persone provenienti da Pakistan, Bangladesh, Gran Bretagna, e Cecenia e, stranamente, nessun siriano [2]. Non eludeva, Cantley, che 12 dei 30 membri del gruppo parlassero un fluente inglese, e 9 di loro parlassero con un distinto accento londinese. Il Foreign Office della Gran Bretagna, ha timidamente spiegato nella relazione che la situazione della sicurezza in Siria richiede un’energica azione internazionale.
Allo stesso tempo, The Daily Mail ha pubblicato un documento che indicava che la Gran Bretagna forniva telefoni satellitari avanzati ai militanti siriani. I portatili sono normalmente utilizzati dalle forze speciali britanniche e, secondo il giornale, “l’offerta di addestramento e delle attrezzature all’opposizione, significa che le forze speciali britanniche starebbero operando in Siria”. Ampliando opportunamente il punto di vista politico, The Daily Mail ha detto che “La fornitura di portatili di ultima generazione fa parte della missione del ministero degli esteri, per fondere le milizie in una coalizione in grado di governare il paese” [3]
I media statunitensi, egualmente riversano informazioni curiose su come gli aiuti alimentano gli insorti in Siria. Fino ad oggi, le forniture di armi all’opposizione siriana non sono state ufficialmente autorizzate dagli Stati Uniti, ma vengono elargite dagli alleati degli Stati Uniti – Turchia, Arabia Saudita e Qatar – si tratta di un segreto di Pulcinella. Seth Jones, uno scienziato politico della Rand Corporation ed ex consulente presso il Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti, ha scritto in un recente numero del Wall Street Journal che “al-Qaida in Siria (che spesso opera come “Fronte al-Nusra del Popolo del Levante”) utilizza i trafficanti – alcuni ideologicamente allineati, alcuni motivati dal denaro – per garantirsi rotte dalla Turchia e dall’Iraq per i combattenti stranieri, molti dei quali provengono dal Medio Oriente e dal Nord Africa … Al-Qaida in Iraq, guidata da Abu Bakr al-Baghdadi, ha apparentemente inviato armi leggere – tra cui fucili, mitragliatrici leggere, lanciagranate a razzi – al suo contingente in Siria. Ha anche inviato esperti di esplosivi per aiutare il contingente siriano a fabbricare bombe, oltre a combattenti per aumentarne le fila”.
Il “triangolo della morte” che comprende Turchia, Arabia Saudita e Qatar, gioca la partita in Siria in stretto coordinamento con la CIA. I ruoli chiave nel concerto sono dati a Hamad bin Jassim bin Jaber bin Muhammad al-Thani, premier e ministro degli esteri del Qatar, e al membro della Casa dei Saud, Bandar bin Sultan, segretario generale del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Arabia Saudita e capo dell’agenzia di intelligence. In realtà, il principe Bandar, ambasciatore negli Stati Uniti nel 1983-2005, di conseguenza ben collegato con Washington, è al tempo stesso una figura centrale nella dirigenza saudita e uomo dalla reputazione di straniero di maggiore influenza negli Stati Uniti. E’ noto per aver versato denaro ai contras del Nicaragua, ai gruppi mercenari in Afghanistan, Bosnia, Libia e Cecenia, ed il suo attuale supporto ai terroristi siriani si presenta come una logica continuazione delle sue attività. Sono alti i sospetti secondo cui Bandar sia stato determinante nell’organizzazione dell’attentato terroristico che è costato la vita a quattro alti funzionari siriani, a Damasco, [4] lo scorso mese.
Mentre l’Arabia Saudita e il Qatar, almeno nominalmente, tendono a rimanere nell’ombra, la Turchia ha scelto la parte più sporca del lavoro contro la Siria, fornendo assistenza in modo definitivo alla campagna anti-Assad, ospitando i campi dei militanti siriani, e mantenendo il loro centro di comando a Adana, a circa 100 km dal confine con la Siria. La lista dei regali turchi all’esercito libero siriano non si limita alle armi da fuoco ma, secondo l’NBC News, comprende anche un gruppo di 20 sistemi antiaerei portatili. Un’istruzione scritta dal presidente degli Stati Uniti sembra aver posto il centro di Adana, situato in prossimità della base aerea di Incirlik, sotto la supervisione della CIA [5]. Le infusioni finanziarie all’opposizione siriana, nel periodo di crisi, avrebbero, si stima, superato la boa dei 100 milioni di dollari, anche se la frazione dell’importo, quello dichiarato, arriva a un modesto assegno da 25 milioni di dollari [6].
A partire da questo agosto, la CIA e altre agenzie statunitensi hanno l’autorizzazione del presidente per impegnarsi con l’esercito libero siriano, con l’obiettivo di scacciare Assad; il che significa che le operazioni sono pienamente legittimate. Alla fine di luglio, il governo degli Stati Uniti ha istituito il Gruppo di sostegno siriano (SSG), a cui il Dipartimento del Tesoro ha prontamente rilasciato una licenza per alimentare l’opposizione siriana, sostenendone le informazioni e la logistica e offrendole una gamma di ulteriori e altrimenti illeciti, servizi. Le proporzioni del pacchetto finanziario assegnato al piano sono riservate fino a questo momento, ma il SSG ha già nominato nove commissioni dell’esercito libero siriano, a cui fornire il denaro per le acquisizioni e per pagare il personale.
Capo dell’ONG Centro per la Giustizia e la Responsabilità (CJA), Mohammad Abdallah, un ex portavoce dell’opposizione siriana, ha elogiato le misure di sopra come modo per aumentare la pressione su Assad, e Sayers Brian, un funzionario in pensione della NATO, che ha contribuito con un lobbying significativo alla creazione del SSG, ha spiegato che gli accordi contribuirebbero ad accrescere l’efficienza delle forniture di armi alla Siria, in confronto a quello che era stato raggiunto da Qatar e Arabia Saudita. Ha ammesso che la contabilizzazione della destinazione finale di ogni centesimo del denaro speso sarebbe problematico, ma ha espresso la speranza che l’esercito libero siriano non invii finanziamenti a gruppi marginali.
E’ evidente, nel momento in cui l’opposizione armata siriana si disintegra in un numero sempre crescente di formazioni semi-autonome, che le sue fazioni wahhabite, aperte al jihadismo, stiano guadagnando peso. L’esercito libero siriano, in gran parte gestito da disertori dalle forze del governo, è già bloccato in una disputa violenta con il Consiglio nazionale siriano, un gruppo di dissidenti siriani, a lungo in esilio dal loro paese d’origine. L’esercito si è allineato con l’SSG, come fronte politico, e sembra aver strappato benefici finanziari dal suo salto della quaglia. La dinamica, invece, ha lasciato gli sponsor arabi della campagna divisi, mentre il SSG è sostenuto dall’Arabia Saudita e il Consiglio nazionale siriano vive delle donazioni del Qatar. Nel frattempo, il ramo in Siria dei pervasivi Fratelli Musulmani si tiene fuori da entrambi ed è in procinto di scatenare propri gruppi armati nel paese.
La moltiplicazione dei marchi militanti in Siria, serve a rafforzare l’impressione che il paese sia sopraffatto e, di conseguenza, rendere più facile all’Occidente vendere ciò che sta accadendo come una vera e propria guerra civile. Il tempo sta per chiamare le cose con il loro nome, e per smascherare coloro che ispirano lo spargimento di sangue siriano, mentre la nazione sta cercando di sopravvivere allo scontro con il male globale.

Olga Chetverikova
Strategic Culture Foundation

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