di Francesco Maria Agnoli
L'affare del secolo, quello col quale Gazprom, cioè la Russia, s'impegna a fornire per trent'anni (fino al 2048) l'energia del suo gas alla Cina in cambio di 400 miliardi di dollari, ha messo i vertici dell'Unione Europea in mutande davanti alle possibili disastrose conseguenze del loro ossequioso, ma indecoroso appiattimento sulle posizioni degli Usa. Nella loro arroganza, priva di qualunque giustificazione, perché fondata sulla debolezza del nulla, credevano di bastonare e sono stati bastonati.
Buffonesca nella sua prosopopea la reazione del Commissario europeo all'Energia Guenther Oettinger: “Noi constatiamo che finché il mercato funziona l'energia non è utilizzabile per sanzioni politiche nei confronti della Russia per la crisi ucraina”.
Ma quali sanzioni energetiche? L' energia è uno dei tanti punti deboli dell'Ue e, caso mai, ha costituito fin dall'inizio della crisi ucraina una possibile arma di ritorsione nella disponibilità di Putin. Un poveraccio qualunque, che, come direbbe nel suo immaginifico linguaggio Di Pietro, non ci azzecca proprio. In che mani siamo!.
Il presidente della Commissione europea Barroso (si potrebbe dire fortunatamente ancora per poco, se non fosse il fondato sospetto che il suo successore, si tratti di Junker o di Schulz, non sarà affatto meglio di lui) si è mostrato comunque più consapevole della realtà e ha preferito piatire rivolgendosi direttamente a Putin con una lettera di sostanziale sottomissione. “La fornitura di gas “ ha ascritto “non deve essere interrotta. Conto sulla Russia perché mantenga i suoi impegni: E' responsabilità di Gazprom assicurare le consegna di gas come stabilito dai contratti con le società Ue”.
Quanto al governo di Kiev viene indirettamente informato che deve essere pronto a saldare i suoi debiti e che non deve porre ostacoli al transito del gas. Difatti l'Ue si aspetta che “tutte le parti restino affidabili fornitori e partner di transito, perché è anche nel loro interesse”. Il che, per chi sa leggere, significa che l'appoggio europeo alla “nuova” Ucraina non è più incondizionato e Kiev farà bene ad adeguarsi mettendosi in condizione di pagare i prezzi di mercato (che è appunto quello che chiede Putin, che non vuole concedere al golpisti le condizioni di favore riservate al legittimo governo di Jakunovic). Quanto alla Russia Barroso (perfino lui!) ha capito chi tiene il coltello per il manico, e si accontenta di pregarla di apprestare un sistema di allerta che consenta di avvertire con largo anticipo i paesi della Ue “caso mai le forniture dovessero cessare”.
Una rilettura in chiave energetica dell'apologo di Fedro “la rana e il bue”.
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