di LUCA SGARRO
È un accordo che troveremo sui libri di storia quello siglato nei giorni scorsi a Ginevra.
Le potenze internazionali del 5+1 e l’Iran
hanno finalmente trovato un accordo che bloccherà il discusso programma
nucleare iraniano per almeno sei mesi, una piattaforma temporale dalla
quale potranno riavviarsi definitivamente le relazioni fra l’ Occidente ed il paese sciita per eccellenza che, dagli anni successivi alla “rivoluzione islamica” del ’79 sono diventate via via sempre più aspre.
L’accordo è
un trampolino di lancio che lascia il respiro temporale necessario per
raggiungerne uno più generale e definitivo in futuro, nel frattempo l’Iran (che ha ereditato il suo programma nucleare da un progetto americano dai tempi di Eisenhower, ndr) si è impegnato ad interrompere il potenziamento di uranio sopra il 5%,
a non aggiungere altre centrifughe, a neutralizzare l’uranio arricchito
al 20% ed a sospendere l’arricchimento delle riserve di uranio per i
prossimi 6 mesi oltre che dare la possibilità a diversi ispettori di
monitorare che i patti vengano rispettati.
Esistono diverse motivazioni che hanno spinto il Presidente iraniano Rohani ad accettare queste condizioni, a partire dalla possibilità di avere un allentamento delle numerose sanzioni economiche
che nel corso degli anni hanno esponenzialmente messo in crisi la
Repubblica islamica rendendola suscettibile di rivolte interne.
Le
aperture verso Occidente dell’Iran sono, inoltre, una reazione
all’isolamento che negli anni ha eroso lo status regionale di cui
godeva, con il tentativo di ritornare ad essere quello Stato brillante
di un tempo potendo riproporre i propri prodotti (anche culturali) sul
mercato vicino-orientale.
Dall’altra
parte della barricata diplomatica, gli Stati Uniti rimangono i grandi
interessati ad una conclusione positiva della vicenda, al punto da
scomodare le opinioni negative interne e dei propri alleati, tra cui
Israele.
La tenacia nel portare a termine i negoziati in proprio favore è spiegabile innanzitutto con la volontà di scongiurare l’avanzata di Russia e Cina nella “zona rossa” d’Oriente,
in secondo piano c’è la consapevolezza delle immense risorse
energetiche ed economiche iraniane da cui poter trarre profitto
includendo il “nuovo” Iran in molti tavoli negoziali con piani di
investimenti esteri. In ultima istanza, troviamo la volontà di collocare
la Repubblica Iraniana ad arbitro della situazione medio-orientale come
attore indispensabile per l’ottenimento di un equilibrio regionale.
Le
motivazioni statunitensi, ad oggi, hanno sempre la meglio su quelle di
chiunque altro. Se l’Iran continuerà a rappresentare fonte di grande
interesse per gli U.S.A. come lo è oggi, i negoziati probabilmente
continueranno sulla strada intrapresa a Ginevra.
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